Maria Grazia Tiberii
Alla scoperta di Interamnia ... Fullonica
Aggiornamento: 16 ott 2020

#Overthemyworld🌏 I Fenici chiamavano #Petrut la città adagiata nel lembo di terra dove il torrente Vezzola confluiva nel fiume Tordino, un nome che indica un luogo isolato e circondato dalle acque. Nota già dal primo millennio avanti Cristo essa accrebbe la sua importanza fino a divenire la capitale del Praetutium e del conciliabulum dei Pretuzi.
Nel 486 avanti Cristo cadde sotto il dominio di Roma e fu chiamata #Interamnia, terra tra i due fiumi. La colonia romana occupava un ‘area rettangolare di circa 440 x 240 metri, divisa dall’allineamento delle odierne vie Sant’Antonio e Largo Melatino. Era delimitata dalla Porta Reale a Est, dalle vie del Baluardo e di Torre Bruciata a Nord, da via della Banca a Ovest e da via Stazio a Sud. La univa all'Urbe una strada che, oltre il Gran Sasso, attraversava il territorio di Amiternum e si innestava nella via Salaria presso Interocrium (Antrodoco). l collegamento con Icosta adriatica avveniva tramite una via che arrivava alle città di Castrum Novum, Hadria e Asculum. Grazie a un'economia fiorente Interamnia aumentò il numero di abitanti e si espanse verso Ovest, allinenadosi su una strada extraurbana - corrispondente a Corso Cerulli - che divenne il cardo del nuovo centro. Fu collegata a Roma dalla via Cecilia e raggiunse il massimo splendore all'epoca dell'imperatore Adriano. Fu occupato anche lo spazio adiacente alla Porta Reale, miti testimoni i resti di epoca repubblicana e augustea riportati alla luce scavando sotto gli strati di vita che nei secoli hanno usurpato il posto delle domus. Varcando la Porta Reale oggi ci immettiamo in Piazza Madonna delle Grazie, famosa per la chiesa annessa al monastero. Percorrendo i suoi giardini scorgiamo una recinzione, al suo interno ruderi emersi in seguito a scavi risalenti ai primi anni Novanta dello scorso secolo. Un’area archeologica con percorsi attrezzati che permettono di osservare gli ambienti riportati alla luce. Purtroppo per l’accesso occorre concordare appuntamento con il Comune 😚

Si tratta di un grande edificio le cui fasi costruttive sono databili al II secolo a.C., al I d.C. e al III d.C. Le stanze più antiche erano parte di due abitazioni private, si tratta di ambienti in muratura incerta, edificati con ciottoli di fiume, nella parte meno antica tagliati. Le pavimentazioni sono realizzate in battuto di cocciopesto (opus signinum) con raffinati disegni geometrici realizzati con linee e cerchi ottenuti inserendo tessere bianche di calcare. Il motivo di base è a losanghe, racchiuse in una cornice.

In una delle stanze, agli angoli, sono disegnati quattro caducei. Il caduceo è un bastone alato con due serpenti attorcigliati attorno. Simbolo di pace e prosperità, è associato a Mercurio; da non confondere con il bastone di Esculapio, che ha un serpente solo.
Il caduceo era lo scettro del dio che lo esibiva per dirimere le liti, Mercurio, in quanto messaggero degli dei, era mediatore della volontà divina presso gli uomini. Un bastone simile veniva mostrato dagli araldi e dagli ambasciatori come simbolo della loro funzione mediatrice ed emblema della loro inviolabilità. I due serpenti avvolti a spirale rappresentano il bene e il male tenuti in equilibrio dalla bacchetta di Mercurio. Le ali simboleggiano il primato dell’intelligenza che si pone al di sopra della materia per poterla dominare attraverso la conoscenza. I due serpenti indicano anche il potere di conciliare tra loro gli opposti creando armonia tra elementi diversi come l'acqua, il fuoco, la terra e l'aria. In Italia è il simbolo del farmacista; i due serpenti rappresentano la dose terapeutica contrapposta alla dose tossica.

L’altro ambiente mostra agli angoli quattro delfini.
Il simbolo 🐬 è attribuito al dio Nettuno, re dei mari; gli Etruschi ritenevano che i delfini fossero i traghettatori delle anime dei morti verso le isole dei beati.
A partire da III secolo a. C., in concomitanza con l’abbandono di ampie zone della città, le abitazioni vengono sostituite da una fullonica. È ben visibile al centro una grande vasca a forma di U per la tinteggiatura dei tessuti. Alla fine del V secolo dopo Cristo il sito fu abbandonato e poi abbattuto per livellare l’area, adibita a esercitazioni militari esterne alle mura medievali. I fulloni lavavano, smacchiavano e tinteggiavano le vesti e i tessuti prima dell’esposizione al mercato; nella Roma imperiale era un’attività redditizia e molto diffusa. In numerose città sono emerse epigrafi a ricordo dei “Colligia” di fulloni.
Nella fullonica la lavorazione iniziava con la pulitura; in una vasca di forma ovale gli schiavi (saltus fullonii) pestavano il tessuto con movimenti cadenzati dei piedi in un misto di acqua, soda e urina ... La fullonica non emanava odori gradevoli! La quantità di urina consumata era cospicua, poteva essere umana oppure animale, la più pregiata era quella di dromedario, importata dall’oriente. Ovviamente era rara e costosa! Camminando per le antiche vie non era insolito notate agli angoli delle strade anfore con un’apertura laterale dove chiunque poteva “depositare” il materiale ... Uno schiavo passava regolarmente a ritirare i versamenti. Per riempire le casse dell’Impero Vespasiano impose una criticatissima tassa sull’urina alla quale seguirono numerose proteste. L’Imperatore rispose con una frase passata alla storia: “Pecunia non olet”. Terminato il lavaggio i panni venivano sciacquati in vasche poste a diversi livelli comunicanti tra loro a cascata, per eliminare ogni traccia del prodotto usato! In una fase successiva i tessuti venivano battuti e trattati con argilla per rendere la trama più compatta poi, per rendere il bianco più splendente, le stoffe venivano stese su un ampio terrazzo prima di eseguire la solcatura. Ricordo mia nonna che stendeva al sole la biancheria insaponata prima di sciacquarla ... I prodotti chimici non erano ancora stati inventati! Alla fine si procedeva alla stiratura, sotto grandi presse a vite.
Chiudendo gli occhi posso vedere le strade animarsi di schiavi indaffarati; alcuni si aggiravano tra i banchi delle taberne, altri acquistavano le pagnotte appena sfornate ... Alcuni si recavano nelle fulloniche per ritirare le toghe pulite e lasciare quelle sporche.
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