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  • Immagine del redattoreMaria Grazia Tiberii

Era il 27 dicembre 1985 ... Amica dei Gorilla.



Overthemyworld 🌏 L'amore per gli animali Dian Fossey l'aveva scritto nel DNA, e quell'amore avrebbe tracciato inesorabilmente il suo destino.

Era una bimba di appena sei anni quando i suoi genitori divorziarono lasciandola priva dell'affetto della famiglia. Crebbe in compagnia di un patrigno poco affidabile e, per sopravvivere, costruì un suo personalissimo mondo nel quale cercare il senso dell'esistenza. Inseguendo la sua passione per gli animali si iscrisse alla facoltà di Veterinaria, ma non fu una scelta felice. Il suo desiderio di libertà e forti emozioni entrò in contrasto con lo studio e non le permise di superare gli esami di fisica e chimica, necessari al completamento del corso di studi. La ragazza decise allora di dedicarsi alla fisioterapia e per alcuni anni si occupò di bambini disabili in un ospedale del Kentuky. In quel periodo ebbe occasione di conoscere un giovane rodhesiano che narrava storie di una terra meravigliosa: l'Africa.

Dian iniziò a risparmiare per potersi pagare il viaggio verso quel Paese affascinante e nel 1963, a 32 anni, partì per l'Africa Orientale. In Tanzania conobbe l'antropologo Leakey e lo convinse ad accompagnarla sulle pendici del vulcano Virunga per poter vedere gli ultimi gorilla ancora viventi nel loro habitat naturale. In quattro anni riuscì a ottenere un finanziamento dalla National Geographic Society e tornò in Ruanda per impiantate la stazione di ricerca di Karisoke. Negli anni che seguirono osservò con estrema pazienza e passione le vicissitudini delle famiglie di gorilla nel folto della foresta e divenne quasi loro amica. Una confidenza alquanto inusuale per i gorilla che in genere difendono con estrema aggressività le intrusioni nel loro territorio. La studiosa raccolse una quantità enorme di dati utilissimi per approfondire le scarse conoscenze sulla specie e fece convergere l'interesse internazionale verso il problema della loro sopravvivenza.

Dian combattè una dura battaglia contro i bracconieri, che si dedicavano a crudeli cacce al gorilla. La lotta era estremamente pericolosa; i bracconieri non erano certo tipi da fermarsi di fronte ai progetti di salvaguardia. La donna si rese presto conto che finanche le autorità del Ruanda le erano ostili; il loro interesse era lo sfruttamento turistico della zona che Dian difendeva sparando a chiunque osasse avvicinarsi alla sua postazione nel folto della jungla. Mantenne ostinatamente un atteggiamento sprezzante del pericolo che le procurò una moltitudine di nemici e un triste giorno fu ritrovata ferita a morte nella sua capanna dove aveva trascorso gli ultimi dieci anni della sua vita. Era il 27 dicembre del 1985.

Dell’assassinio furono accusati un indigeno, che si suicidò, e uno studioso americano. Lo studioso fuggì dal Ruanda su consiglio della sua ambasciata e nessuno è mai riuscito a dimostrare con assoluta certezza la sua colpevolezza. Dian fu sepolta senza clamori nel piccolo cimitero per gli animali annesso alla sua stazione di ricerca, ma il suo nome non potrà mai essere dimenticato.

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