Maria Grazia Tiberii
I fuochi di Sant'Antonio
#Overthemyworld🌍 Dal mondo dei romani non abbiamo ereditato solamente imponenti vestigia; gli antichi dominatori del mondo continuano a vivere nelle nostre abitudini quotidiane, nelle nostre leggi e ... Nelle nostre feste.
Nella Roma antica l'anno era scandito da una serie di ricorrenze, le Calanderiali, giunte fino a noi quasi intatte.
Una delle più attese festeggiava il passaggio dai rigori dell'inverno alla rinascita della primavera, preannunciata dal progressivo allungarsi delle giornate.
I rituali erano imperniati sul fuoco, assunto ad ambivalente simbolo della distruzione di ciò che angoscia l'umanità - fame, malattia, morte - e della rigenerazione della vita. Un giorno la religione cristiana arrivò nella vita dei romani e cancellò gli antichi dei ... o forse no! Sant'Antonio visse in Egitto tra il III e il IV secolo; una vita da anacoreta solitario, trascorsa in eremitaggio e preghiera. Nel 561 le sue spoglie furono traslate ad Alessandria d'Egitto e nel 635 a Costantinopoli. Nel XI secolo il nobile francese Jocelin de Chateau Neuf, ottenutele in dono, le portò in Francia, ad Arles. Nella campagna francese il popolo, anche se ormai convertito al nuovo credo, restava aggrappato a riti antichi e antichi dei. Uno degli dei più amati era stato Lug; dio della luce rappresentato da un giovane che sorreggeva un cinghiale, animale sacro ai Celti. Si narra che Lug, prima della nascita dell'umanità, assunse il comando degli spiriti - figli della dea Dani - per combattere contro i demoni. Come spesso accade il nuovo assorbì il vecchio; Antonio Abate, asceta ed eremita, divenne guardiano degli inferi e dispensatore di fuoco. La leggenda racconta che il Santo, adirato con Dio che non voleva concedergli una grazia, scese agli inferi dove prese un tizzone ardente con cui incendiò il mare. Non a caso fu eletto a guaritore dell' herpes zoster, a tutti noto come "Fuoco di Sant'Antonio"! Per i druidi il fuoco era da sempre elemento di buon auspicio; protagonista indiscusso dei rituali nelle feste di Beltain e Imbolc.
Beltaine, la festa di primavera celebrata a inizio maggio, era preceduta dal saluto al ritorno della luce segnalato dal progressivo allungamento delle giornate: Imbolc. Ogni anno, il primo febbraio, Imbolc salutava la fine ormai prossima dell'inverno. Si accendevano fuochi per scatenare le forze positive capaci di sconfiggere il male, sempre in agguato. La festa di Sant' Antonio Abate è stata per secoli una delle ricorrenze più sentite della civiltà contadina. L'iconografia cristiana sostituì il cinghiale con un maialino e mise in mano al Santo un bastone al quale era appeso un campanellino, e lingue di fuoco ai piedi. Probabilmente per sottolineare la protezione contro il morbo della peste che gli era attribuita.
Allo stesso scopo il suo abito fu ornato con un "Tau", croce egiziana a forma di T simbolo della vita e della vittoria contro le epidemie; una delle sciagure più spaventose nel Medioevo. La notte tra il 16 e il 17 gennaio nei villaggi si festeggiava bruciando enormi cataste di legna sui sagrati delle chiese: i "Falò di Sant' Antonio".
Le fiamme si stagliavano tutta la notte nel cielo scuro, a purificare ogni cosa. La mattina le ceneri venivano raccolte e chiuse in sacchetti da tenere nelle tasche come amuleti; si credeva allontanassero malattie e iettatori.
Nei borghi rurali la tradizione si rinnova, nella piazza antistante la chiesa enormi cataste di legna illuminano la gelida notte e riscaldano il cuore, più del vino che scorre a fiumi.