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  • Immagine del redattoreMaria Grazia Tiberii

Oggi la compagnia dei viaggiatori vi porta a ... Roccascalegna



#Overthemyworld🌍 Oggi percorriamo le terre d’Abruzzo; tra le colline che circondano il fiume Sangro si adagia, dominato da una maestosa torre di avvistamento eretta su un imponente ammasso roccioso, il piccolo borgo di Roccascalegna. 
La nostra meta è il castello. Per raggiungerlo camminiamo tra le case ruite, solo a tratti restaurate e abitate, fino alla lunga gradinata che conduce al ponte levatoio e al portone in rovere massiccio.
In passato a collegare il borgo alla torre era una scala a pioli in legno, oggi raffigurata nello stemma comunale. Si narra che da quella scala il paese abbia tratto il suo nome "Rocca con la scala di legno". 


Furono i monaci dell’Abbazia di San Pancrazio (oggi ne resta solo la chiesa al cimitero), nel IX secolo, a costruire un punto di avvistamento che permettesse di controllare l’arrivo dei nemici sia dal mare che dalla montagna.


Con l’arrivo dei Longobardi, nel 1160, il castello fu usato come difesa dai Bizantini arrivati sulle coste dell’Adriatico. Negli anni alla torre di avvistamento furono aggiunte altre costruzioni che portarono alla creazione del castello sospeso nel vuoto posto a guardia delle antiche case del borgo sottostante.


Nel corso dei secoli il castello conservò sempre il suo scopo di difesa ma fu ripetutamente modificato in seguito all’avvicendarsi di Svevi, Angioini e Aragonesi. L’aspetto attuale è dovuto al restauro voluto dai Baroni Annechino alla fine del XV secolo.

Nel 1700 venne abbandonato e fu preda delle intemperie e dei saccheggi.

Nel 1985 gli eredi degli ultimi feudatari, famiglia Croce Nanni, donarono il castello a Comune di Rocca Scalegna.


Fino al 16 aprile del 1945 la Rocca vantava cinque torri, una quadrangolare e quattro circolari. In quel triste giorno di primavera, durante un’incursione aerea, una bomba colpì la torre circolare più grande, che sorgeva immediatamente a sinistra del portale d’ingresso.


Si narra che all’interno della torre il Barone Corvo de Corvis, applicando lo “Ius Primae Noctis”, obbligasse ogni sposa del Feudo a trascorrere con lui la prima notte di nozze. La deprecabile pratica cessò una notte del 1946 ... Qualcuno sostiene che la sposa abbia accoltellato il Barone nel talamo, altri sostengono che ad attenderlo fosse il marito geloso travestito da sposa!!

In ogni caso quella fu l’ultima notte di Corvo de Corvis. Morente egli lasciò l’impronta insanguinata della mano su una roccia della torre; ogni tentativo di lavarla fu vano, il sangue continuava a riaffiorare.


Sembra che il fantasma senza testa di Corvo si aggiri ancora nel borgo, circostanza che non scoraggia i novelli sposi che dagli States raggiungono il castello per una romantica cerimonia venduta a circa 100 dollari dal siti Cnn Travel.

Varcata la soglia siamo immersi nel Medioevo, con i suoi fasti e le sue miserie ... La spiritualità e la crudeltà di un’epoca lontana si fondono nella sala delle torture che fa volare il pensiero alle innumerevoli violenze inflitte anche in nome di un Dio che mai aveva voluto versare il sangue dei suoi fedeli.


Nella sala delle armi ammiriamo la ricostruzione di un lanciafiamme bizantino, una macchina da guerra usata per scagliare il “fuoco greco”, una miscela infiammabile di cui non conosciamo la composizione che, invece di spegnersi, si alimentava a contatto con l’acqua. Era l’arma segreta dell’esercito bizantino ... all’epoca pochi sapevano che poteva essere neutralizzata da aceto o urina!


Mentre ci allontaniamo dal castello la realtĂ  si insinua nel sogno, il tempo riprende il suo naturale scorrere e i secoli sprofondano nella memoria.

Ci voltiamo a guardare da lontano la torre che si erge orgogliosa sulla roccia, una torre che ha affascinato anche la televisione che, nel 2019, vi ha ambientato alcune scene dell’adattamento televisivo del romanzo i Umberto Eco “Il nome della rosa”.


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