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  • Immagine del redattoreMaria Grazia Tiberii

Oggi si chiama semplicemente SS80


#Overthemyworld🌏 Strisce di asfalto scolorito dal tempo si  accavallano a buche rabberciate alla buona in un triste susseguirsi di rotatorie che, seguendo la moda del momento, sono state inserite anche in spazi angusti.  Chi la vede oggi per la prima volta non può certo immaginare che si tratta di una  strada dal glorioso passato travolta dalla cronica carenza di soldi pubblici e dalla pessima gestione dei pochi fondi a disposizione. Vi sto parlando della Statale 80; una parte dell'antica via Cecilia che collegava Roma a Castrum Novum, oggi a tutti nota come Giulianova.

Il mio  viaggio inizia dopo una passeggiata tra le rovine della città di Amiternum.

I primi a stabilirsi sulle sponde del fiume Aterno furono i Sabini che fondarono la città e la governarono fino al 293 a.C. quando Roma impose il suo dominio. Amiternum fu  prefectura e poi municipium e visse anni di grande splendore.  Grazie alla sua posizione strategica, lungo la via Cecilia, che all'epoca raggiungeva Hatria e dalla quale si diramavano la via Claudia Nova e due diramazioni della via Salaria, la città giunse a contare diverse migliaia di abitanti. Nell' anno 86 a.C. diede i natali ad uno dei maggiori storici romani: Sallustio. La leggenda vuole che ad Amiternum sia nato, e poi tornato a morire, Ponzio Pilato. Si narra che il suo corpo sia rimasto insepolto, chiuso in un sacco e affidato a un carro di bufali liberi di correre senza meta. Una corsa che avrebbe avuto fine sulla cresta della Cima del Redentore, sui Monti Sibillini a circa 50 Km. dalla città, dalla quale i bovini sarebbero precipitati nel Lago di Pilato.  Nelle vicinanze,  in un sito noto come "Montagna di Pilato", si trovano i resti di una villa romana che la leggenda vuole fosse di proprietà del tristemente famoso Governatore.

A memoria di antiche glorie restano i ruderi dell'anfiteatro, del I secolo d.C., che in estate ospita rappresentazioni teatrali o concerti. Poco distante, ricavato sul pendio di una collina, sorgeva un teatro dotato di notevole acustica e in grado di ospitare 2000 persone. Dopo il IV secolo fu abbandonato e divenne necropoli.

Mi lascio alle spalle il parco archeologico,  che segna la fine della "Strada Maestra del Parco", per tuffarmi sulla Piana  dell'Aquila.

La Strada Maestra del Parco è il tratto più suggestivo della Ss 80; attraversa il cuore del Parco Nazionale del Gran Sasso e Monti della Laga ricalcando il tracciato dell'antica via Cecilia. Partendo dalla valle del Vomano raggiunge il passo delle Capannelle -1300 m.s.l.m. - e discende sul versante aquilano fino all'area archeologica di Amiternum. Dopo il  1º dicembre 1984, a seguito dell'inaugurazione del traforo del Gran Sasso, la vecchia strada è stata utilizzata solo per il traffico locale. Considerata la bellezza del paesaggio e l'interesse storico l'Ente Parco ha voluto incentivare la vocazione turistica di quel tratto dell'antica via Cecilia eleggendola a sua "Strada Maestra". Le vecchie case cantoniere, ristrutturate, ospitano punti informativi e lungo il percorso sono state allestite aree di sosta attrezzate. Oggi non sosto nella città duramente ferita dal sisma; la strada serpeggia tra boschi e campi e in circa mezz'ora conduce al piccolo borgo di Arischia.  Un tempo nel periodo della mietitura i proprietari  terrieri offrivano lavoro a giornata ai braccianti  che, armati di falce, giungevano in bicicletta dal versante teramano. Ancora un quarto d'ora e raggiungo il valico noto come Passo delle Capannelle. Una distesa di pascoli di alta montagna integrati da piccoli ripari in pietra anticamente usati dai pastori transumanti: le " Capannelle". Mi trovo a 1300 m.s.l.m. 

Un bivio sulla sinistra porta alla base della Funivia del Gran Sasso e, proseguendo, a Campo Imperatore. L'altopiano, meta turistica estiva e invernale, è famoso per aver ospitato un recluso d'eccellenza: Benito Mussolini. Il Duce fu imprigionato nel 1943 in una camera dell'Hotel Campo Imperatore, ancora aperto, che ha conservato intatti gli arredi originali ed è stata trasformata in un museo.

La SS 80 prosegue ora in discesa e in breve raggiungo il bivio per il Lago di Campotosto, creato negli anni Trenta e Quaranta costruendo tre dighe asservite al funzionamento delle centrali idroelettriche presenti nella valle del fiume Vomano. Lo specchio d'acqua, con il suo perimetro di 40 Km interamente percorribile in bicicletta, viene preso d'assalto da pescatori e campeggiatori.


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Decido di non effetuare la deviazione e proseguo sulla "Carrozzabile"; non è raro imbattersi in mucche al pascolo, cavalli e le onnipresenti pecore che tra le montagne abruzzesi vengono allevate e "Divorate" sotto forma di arrosticini. In un passato ancor vivo nella memoria i pastori transumanti che dal Gran Sasso andavano a svernare nella piana romana percorrevano la vecchia via Cecilia. Proseguo per una decina di chilometri, costeggio il lago artificiale di Provvidenza e raggiungo il minuscolo paese di Ortolano dove ha sede un museo micologico. La strada continua snodandosi tra i boschi per sei chilometri, è un tratto  noto come "Valle dell'inferno" probabilmente a causa della sua angustia o per i repentini cambiamenti climatici o, forse, a causa dei massi che incessantemente rotolano dalla montagna.  

Raggiungo Aprati, un pugno di casupole dove abitualmente i motociclisti sostano per fare rifornimento di carburante e consumare  uno spuntino al piccolo bar che si affaccia sulla strada. Le pizze artigianali sono squisite. Mi lascio Aprati alle spalle e perseguo lungo la tortuosa discesa, sulla sinistra incontro il bivio che conduce a Fano Adriano e alla piccola ma graziosa stazione sciistica di Prato Selva. Poco a valle, dopo una nuova serie di tornanti che si affacciano su inquietanti precipizi, la deviazione per Pietracamela e Prati di Tivo.

Continuo la discesa verso Montorio al Vomano, la strada ora si snoda incassata inun canyon e lascia intravvedere, sulla destra, vecchie case incassate nella roccia. Arrivata in città mi concedo una breve passeggiata nel "Borgo antico" tra i pittoreschi vicoli che scendono fino al fiume Vomano. Uscendo da Montorio al Vomano abbandonò la "Strada Maestra del Parco" e mi avvicino a Teramo.

Un tempo chiamata "Interamnia Urbis" in quanto edificata tra due fiumi, il Vezzola e il Tordino, la città conserva un centro storico piccolo ma gradevole. La classica passeggiata è lungo il corso principale, che taglia in due l'abitato; antico "Cardo" di romana memoria.

L'ultimo tratto attraversa numerosi agglomerati urbani sviluppatisi negli ultimi decenni; piuttosto monotono fino all'arrivo quando finalmente lo sguardo può smarrirsi nell'azzurro del mare.

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