Maria Grazia Tiberii
Voglia di escursione ... Il Monte Foltrone
Aggiornamento: 3 set 2019
“Raccogliamo gli sguardi intorno alla Gemella, dal bel nome dei Fiori, divisa solo da noi dal Salino, sembra a un tirar di pietra, un passo da giganti Paladini un dì forti abitatori delle Gemelle....”
Sono le parole dell’abate Giacinto Pannelladi ritorno da un’escursione su Monte Foltrone il 13 settembre 1896.

Dal mio balcone ogni mattina ammiro i MontiGemelli; si mostrano come due panettoni a se stanti ma sono parte di una piccola catena di sette cime che tutti considerano un prolungamento della catena della Laga.
Sono monti non eccessivamente alti; vette solitarie e selvagge da sempre frequentate da pastori e boscaioli, che hanno lasciato tracce in stazzi isolati che ora fanno parte del paesaggio, come lo spettacolare canyon delle Gole del Salinello che si snoda tra le montagne.
Il Monte Foltrone con i suoi 1718metri è la cima più elevata. Nelle giornate terse mi soffermo a guardarla e ricordo l’escursione che, più di un secolo dopo, ha portato anche mio marito e me alla conquista di quella vetta.
Non è stato semplice intercettare il sentiero che si snoda nel bosco, ma dopo un paio di tentativi a vuoto, ci siamo riusciti.

Il percorso inizia subito dopo l’abitato di Guazzano di Campli (624 m. slm) dove si incontra un tratto della stradina sterrata che si inerpica attraverso una pineta che successivamente si fonde in una fitta macchia di faggi, carpini, querce e aceri abbarbicati a formare un intricato bosco che lascia ben poco alla vista.

La via ricalca quella che per secoli gli abitanti del fondovalle hanno percorso per portare le greggi al pascolo e recarsi nei boschi a tagliare la legna o produrre il carbone. Attività, le prime due, ancora praticate è quindi consigliabile prestare attenzione ai cani dei pastori.
Il sentiero non è segnalato e a volte sembra perdersi, occorre prestare molta attenzione per non trovarsi completamente fuori strada.
L’ultimo tratto è completamente fuori dal bosco, a questo punto l’unica difficoltà è la pendenza, che diviene così aspra da far desiderare di essere trasformati in capre o stambecchi.
Bisogna affrontare l’escursione con abbigliamento adeguato e una buona scorta di acqua in quanto non se ne trova sul percorso.

Noi abbiamo scoperto che come “barretta energetica” insuperabile è l’uva; nei momenti di sconforto, quando sembra impossibile fare anche solamente un altro passo, qualche acino rimette in moto!
Il dislivello da superare è di circa 1.100 metri che si snodano in un percorso di 11 Km; per salire occorrono 3 o 4 ore ma una volta giunti sulla cresta il panorama mozzafiato riesce a far dimenticare all’istante la fatica.

Nonostante le nubi che si addensavano sopra tutte le cime dei monti girando lo sguardo abbiamo ammirato la vicina Montagna dei Fiorie i crinali che scendono verso le Gole del Salinello. La visuale abbraccia una buona parte della provincia di Teramo con le sue colline e arriva fino al mare che fa quasi da sfondo alla fortezza di Civitella del Tronto.

A sud si scopre il Gran Sassocon il Corno Grande (2912 m s.l.m.) e la Maiellacon il Monte Amaro (2793 m s.l.m.), a ovest i Monti della Lagasui quali domina il Gorzano (2458 m s.l.m.). A nord ammiriamo i monti Sibillini con il Monte Vettore (2476 m s.l.m.) e a est torniamo a contemplare le colline che digradano fino all’Adriatico con Teramo in primo piano. (Purtroppo la nebbia offuscava il paesaggio, ottima occasione per tornare).
Abbiamo bivaccato ai piedi della croce sulla quale è posta una lapide a ricordo di tutti i ragazzi scomparsi tragicamente poi, sfuggendo alle nubi basse che stavano ingoiando tutto attorno a noi, abbiamo iniziato la discesache in circa 2 ore ci ha portato nuovamente alla civiltà.